Avere l’avventura nel DNA significa non fermarsi mai. Significa esplorare il mondo, i luoghi più inaccessibili, solo con le proprie forze, ma soprattutto esplorare sé stessi. Questa è l’avventura secondo il nostro ambassador Danilo Callegari, friulano doc, 33 anni, avventuriero ed esperto di sport estremi.
La montagna, che lui stesso definisce la più grande palestra di vita, è proprio la meta della sua ennesima avventura, Manaslu, che in sanscrito significa “Montagna dello Spirito”, è un gigante di ghiaccio, neve e roccia.
Danilo, ha scalato questa grande montagna, situata nel cuore della catena himalayana, ottava vetta al mondo per altezza, 8.163 metri, senza ossigeno supplementare e in completo stile alpino, nel periodo tra settembre e ottobre 2016, raggiungendo la vetta il 1° ottobre alle ore 9:30 del mattino.
L’avventura:
Arrivato a Kathmandu il 28 agosto, sabato 3 settembre ha iniziato l’avvicinamento al Campo Base (4.800 mt) con un lungo trekking di circa 6 giorni attraverso foreste, valli incantevoli solcate da fiumi e canaloni.
L’intera scalata è stata sviluppata su quattro campi alti (oltre il Campo Base a 4.800mt) montati autonomamente alle seguenti quote:
Campo1 a 5.700 mt dopo una salita tra morene e cascate di ghiaccio (icefall);
Campo2 a 6.400 mt, affrontando sempre zone impervie con tutte le insidie nascoste tra i crepacci e i pericolosi seracchi sospesi;
Campo3 a quota 6.900 mt su una sorta di “sella nevosa”;
Campo4 a 7.400 mt sulla “spalla della montagna” che precede la vetta. Ai limiti della famosa “zona della morte o death zone”, dove non esiste più modo e tempo per l’acclimatamento ma un inesorabile deterioramento fisico e mentale.
La quota massima raggiunta, quella di vetta è di 8.163 metri.
La temperatura minima è stata registrata a quota 7.850mt, nei minuti dell’alba: -32°C.
Dall’intera scalata sviluppata senza ossigeno supplementare Danilo è rientrato con un congelamento di 1° grado alle dita dei piedi.
Queste le sue prime parole: “Ho centrato quest’obiettivo dopo molti sacrifici, rinunce e rischi… studiando ogni dettaglio in modo quasi ossessivo, confrontandomi con un “guru” del meteo in Francia, con esperti di meteorologia in Svizzera e negli USA ed infine anche la finestra metereologica ristretta è stata azzeccata. Ciò che ricorderò di più di questa lunga ed impegnativa scalata, non sarà tanto la salita quanto la discesa. Da Campo3 a Campo Base, un giorno che vale una vita o forse più vite contando tutte le volte che me la sono giocata, privo di energie, completamente solo lungo la via di discesa, in mezzo a pericoli costanti, passaggi tecnici, cinquanta centimetri di neve fresca e una white-out totale. Un giorno che potrebbe valere un intero libro tra paure, pericoli, consapevolezze e “voci dal cielo”. Ma come sempre, ciò che conta di più è essere ancora vivo e pronto per le prossime grandi avventure!”.
Un resoconto senza precedenti da una delle montagne più imponenti della Terra che lo ha visto impegnato in una delle discese più complicate e pericolose che abbia mai affrontato e dove ha percepito il “leggero respiro della morte”.